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C’e vita oltre il prezzo?

Una breve analisi del rapporto tra aziende, innovazione sostenibile e catene di distribuzione

Non manca giorno che non ci capiti di leggere studi ed articoli sulla sempre maggiore propensione dei consumatori agli acquisti “green”, sulla attenzione che multinazionali e grandi retailers pongono alla sostenibilità delle proprie filiere, sulle performances eccezionali di aziende che hanno messo la responsabilità sociale al centro delle loro attività.

Tutto vero, certo. Molti imprenditori “sostenibili dentro” credono in questi valori e nella loro azienda hanno ottimizzato i processi e l’utilizzo dell’energia, dell’acqua, rispettano i fornitori e si preoccupano del benessere dei dipendenti, pagano le tasse, non inquinano, versano i contributi: allora perché quando provano a vendere i loro prodotti si ritrovano sempre e solo davanti al buyer a battagliare sul prezzo?

Sembrerebbe che tutti i loro sforzi per la legalità, sostenibilità, inclusione sociale, rispetto del territorio, non servano a niente: non li differenziano da chi fa business in maniera spregiudicata e riesce stare sul mercato a prezzi inferiori a scapito dei soggetti più deboli (dipendenti, fornitori, territorio..) configurando spesso una situazione di concorrenza sleale.

Intendiamoci, il buyer fa il suo mestiere, tra i suoi obiettivi prioritari sicuramente non figura la sostenibilità dei prodotti che acquista e spesso non è al corrente o informato adeguatamente degli obiettivi e politiche di sostenibilità della sua stessa azienda (ammesso che li abbia).

Anche il sistema di certificazioni che in genere GDO e multinazionali impongono ai fornitori presenta numerose lacune: è necessariamente parziale focalizzandosi quasi esclusivamente sul prodotto, gli audit periodici raramente riguardano i sub fornitori, area dove si concentrano i maggiori problemi. Di fatto tutti sono certificati e certificabili, quindi sono tutti sullo stesso identico piano.

Esiste sicuramente una differenza tra quanto dichiarano in tema di sostenibilità i top manager delle grandi aziende e catene di distribuzione e quanto effettivamente i fornitori si ritrovano a dover fronteggiare nella realtà di ogni giorno, ma anche le aziende hanno le loro responsabilità: l’approccio alla sostenibilità è di solito “self made”, basato su interventi a macchia di leopardo spesso non misurabili o misurati secondo criteri piuttosto arbitrari e quindi il valore ed i savings creati non possono essere trasferiti lungo la filiera a clienti e consumatori.

E’ come utilizzare una moneta che ci si è fatti in casa e volerci pagare il caffè al bar: chiaro che non verrà mai accettata e quindi non ha nessun valore.

Il valore della sostenibilità aziendale sta anche nella sua trasferibilità: per ottenerla occorre misurare gli impatti e le relative riduzioni secondo standard riconosciuti e farsi certificare i risultati da parte terza. Occorre avere un piano ed obiettivi chiari, comunicando secondo modalità confrontabili politiche e risultati.

Chi acquista potrà tener conto dei nostri savings per i suoi obiettivi di sostenibilità e di conseguenza comunicare le riduzioni ottenute lungo la filiera. Solo in questo modo sarà possibile interloquire con i clienti proponendo soluzioni coerenti con i loro target e gettare le basi per progettualità comuni che fidelizzano, creano valore per tutti ed aumentano anche la reputazione aziendale.

Le catene di distribuzione possono utilizzare la loro dimensione per operare importanti riduzioni di impatto ambientale, economico e sociale: questo dipenderà dalla loro abilità nel selezionare prodotti, fornitori e filiere che realmente contribuiscono allo sviluppo sostenibile, distinguendoli da chi opera il greenwashing.

I buyer dovrebbero acquisire ulteriori competenze o essere affiancati nel processo valutativo di prodotti e progetti i cui effetti vanno molto al di là del rapporto cliente/fornitore. La mancanza di un canale di comunicazione aperto tra distributori ed aziende può avere effetti molto negativi: se un’azienda investe in innovazione e sostenibilità ma non riesce a trovare interlocutori preparati ed interessati a valutare i benefici delle soluzioni proposte, non sarà incentivata a proseguire per quella strada, un danno anche collettivo facilmente intuibile.

Mi farebbe piacere scambiare opinioni e proposte per aumentare la consapevolezza dei problemi legati al cambiamento climatico ed allo sviluppo sostenibile e favorire l’adozione di buone pratiche e prodotti che concretamente siano stati pensati per darci un presente ed un futuro migliore. Colleghi, imprenditori, operatori della GDO, cittadini, fatevi avanti! La sostenibilità non è un piccolo orto personale, è una distesa vastissima dove far crescere le idee con i nostri amici e con tutti quelli nuovi che ci faremo lungo il cammino.